(Deutschsprachige Fassung des Artikels diesmal weiter unten). Aktuelle Info (März 2019): Man hat sich erstmal auf 74 Cent pro Liter geeinigt. Und weil das immer noch 11 Cent unter dem Preis vom letzten Jahr und darum ein Witz ist, bleibt der Artikel so wie er ist.

La protesta dei pastori sardi: Una questione di correttezza #stoconipastorisardi

Ma che tristezza vedere il buon latte versato per la strada! Mi tocca veramente il cuore quando vedo che cosa succede sull’Isola. Posso solo immaginare la disperazione dei pastori sardi.

La solidarietà della pecora nera è certa. Anche se il metodo di buttare via il latte non mi piace molto. È un gesto molto forte, che spezza il cuore, ho visto vecchi pastori piangere. Secondo me, troppo adatto ai media …

Quindi mi piace di più l‘idea di regalare il latte, come l’hanno fatto a Ozieri o Siliqua. O trasformarlo in azienda in formaggio e venderlo direttamente (che dà già un primo indizio riguardo alla causa del problema), o darlo ai maiali. Anche perché il valore del prodotto va sempre rispettato. Sarebbe un segnale più logico. Ma purtroppo non interesserebbe i media.

Ma è un altro discorso. E se i pastori si ribellano così, c’è un buon motivo. Quindi la pecora nera ha cercato di capire il problema.

Soprattutto perché per noi „non-pastori“ (e nel caso mio anche „non-sarda“) mi sembrava troppo facile mettere solo un hashtag (che è tuttavia un segnale importante di solidarietà!) e pensare di avere fatto quello che possiamo.

Magari no.

Paghiamo volentieri il prezzo giusto – ma anche al pastore!

Il solito l’argomento del rapporto domanda / offerta e del fatto che noi consumatori vogliamo sempre i prezzi più bassi. Purtroppo è vero. Ma in questo caso non sembra essere la causa.

Perché il pecorino sardo costa tanto: 20, 30 Euro / kg – se di alta qualità – e sul mercato internazionale ancora di più.

Quindi noi consumatori paghiamo già il prezzo giusto. Ma, da 5 litri di latte esce circa un kg di Pecorino (dipende anche dalla qualità e dalla stagione). Vuol dire. Vuol dire: Al pastore arrivano solo 3 Euro (se parliamo di 60 centesimi per un litro di latte di pecora, calato rispetto agli 85 centesimi dell’anno scorso, un prezzo che è al di sotto dei costi di produzione, che sono di 70 centesimi circa). (Aggiornamento marzo 2019: c’è un concordo su 74 centesimi … che palle …)

Per lavorare tranquilli, bene e con un minimo di dignità e qualità di vita, i pastori sardi chiedono 1 Euro al litro, più IVA. Anche di più. Non sembra neanche troppo, perché senza di loro lavoro il prodotto non esisterebbe.

10% del prezzo di mercato per chi fa questo lavoro duro e per la Sardegna culturalmente importante, per chi fa un prodotto di altissima qualità … Certo che non è giusto!

Quindi la soluzione si trova in mezzo tra il pastore e il consumatore, nel sistema del mercato. Manca lo spirito del „fair trade“, manca un comportamento solidale e sociale, anche nel nostro cosiddetto „primo mondo“. Un sistema solidale e meno capitalistico sarebbe utile. Su un’Isola come la Sardegna è anche importante, per tutelare la propria cultura.

Se ho capito bene nasce tutto anche dal fatto che la Sardegna è il produttore principale del Pecorino Romano, insieme al Lazio e alla zona di Grosseto. Un formaggio che va distribuito sul mercato internazionale – a un prezzo molto più basso del pecorino sardo, intorno a 15 Euro / kg.

Si presume che anche questo formaggio sia di origine controllata. Ma forse non è proprio così. Si dice che il latte prodotto a prezzo basso viene acquistato da altri stati europei. E – improvvisamente – di latte sardo ce n’è troppo, e in confronto anche troppo costoso.

Ma questo è il sistema che è sbagliato, non è uno sbaglio dei pastori sardi.

Il cambiamento inizia nella testa

E qui torniamo al consumatore, perché siamo anche noi parte del problema. La globalizzazzione e la possibilità di avere ogni prodotto in ogni stagione in ogni posto e a un prezzo buono ci ha proprio fatto girare la testa.

Quante volte decide il prezzo più basso che cosa compriamo, e non la qualità? Quante volte non siamo attenti a cosa compriamo? Quante volte compriamo „quello che c’è“ invece di guardare bene la provenienza e il produttore? Quante volte compriamo nei grandi supermercati e all’ingrosso – dove ovviamente regna il concetto del prezzo bassissimo?

Solidarietà con i pastori – cosa possiamo fare noi?

Magari dobbiamo chiarire anche noi consumatori a quelli che controllano il mercato che vogliamo prodotti più solidali, per una vita fair e genuina. E che dal produttore deve arrivare un contributo buono e giusto.

Questo vuol dire cambiare anche il nostro comportamento in genere. Cambiare il nostro „mindset“. Anche nel nostro piccolo.

Impariamo a comprare cose di valore, del posto, non globalizzate. A pagare volentieri il prezzo giusto anche per altre cose – che sarebbe anche 2 Euro per un litro di latte di mucca, magari anche 50 Euro per l’agnello che muore e finisce sui nostri piatti a Pasqua, a non comprare vestiti fatto in Bangladesh o Cina, sicuramente prodotti non „fair“.

Una soluzione sarebbe comprare di più dai piccoli rivenditori e produttori, nei mercatini nei piccoli paesi.

E chiedo a me stessa: Quante volte vado in un supermercato e compro la roba industriale, senza guardare bene – perchè è più facile. Nessuno è perfetto, ma ognuno conosce il suo punto debole e può iniziare da lì.

Valorizziamo anche noi la vita e il lavoro dei pastori e delle piccole imprese.

Certo che è difficile cambiare la situazione. Ma non è neanche impossibile.

Certo che #stoconipastorisardi

Schafe bei der Arbeit: Grasen, um Milch für den Pecorino zu produzieren
Pecore al lavoro … valorizziamo il lavoro del pastore e l’animale.

Chiedo scusa per gli errori nel articolo ….

Fassung in deutscher Sprache:

Solidarität mit den sardischen Schäfern

Wahnsinnig traurig anzusehen, wie in diesen Tagen Milch auf den sardischen Straßen verschüttet wird. Mir geht es tatsächlich ans Herz, wenn ich sehe, was mit den sardischen Schäfern passiert. Und ich kann mir nur grob vorstellen, was in ihnen vorgehen muss, wenn sie einen solchen Schritt gehen.

Auch wenn mir persönlich nicht gefällt, gute Milch einfach auf die Straße zu schütten. Das geht mir gegen den Strich, und ich habe sogar alte Schäfer weinen sehen, es bricht das Herz.

Es scheint mir ein zu starkes Signal zu sein, zu sehr auf die Medien ausgerichtet … Mir gefällt eher, wenn Schäfer die Milch verschenken, wie in Ozieri oder Siliqua (siehe Link oben). Oder wenn sie sie im Betrieb selbst zu Käse verarbeiten und direkt verkaufen (was schon einen ersten Hinweis darauf gibt, wo die Ursache für das Problem zu finden ist). Auch sie den Schweinen als Futter zu geben, scheint mir ein guter Weg.

In jedem Fall würde auch vom Produzenten selbst noch der Wert der Milch und der Arbeit respektiert. Es wäre das logischere Signal – aber leider das medial uninteressantere.

Aber das ist eine andere Diskussion. Und wenn die Schäfer zu diesem Mittel greifen, wird das gute Gründe haben. Das schwarze Schaf hat also erstmal versucht, das Problem zu begreifen.

Denn was bedeutet das für uns „nicht-sardische Nicht-Schäfer“? Mir scheint es zu einfach, einen tollen Hashtag (der als Zeichen der Solidarität ohne Frage seine Berchtigung hat und wichtig ist! #stoconipastorisardi) hinter einen facebook-Post zu setzen und zu denken, man hätte damit alles getan.

Ich glaube, Nein.

Wir zahlen gern einen fairen Preis – aber auch an den Schäfer!

Das übliche Argument, das sei ein Ergebnis von Angebot und Nachfrage und dass wir Konsumenten immer günstigere Preise wollen, ist leider wahr. In diesem Fall scheint es aber erstmal nicht die Ursache zu sein.

Denn der sardische Pecorino kostet ziemlich viel: 20, 30 Euro / kg, in besonders hoher Qualität und auf dem internationalen Markt auch mehr.

Also zahlen wir Konsumenten tatsächlich schon einen guten und fairen Preis. Aber: Aus fünf Litern Schafsmilch wird ca. 1 kg Pecorino gewonnen (abhängig von Qualität und Jahreszeit). Das heißt: Beim Schäfer kommen nur etwa 3 Euro an (wenn wir von 60 Cent für einen Liter Schafsmilch ausgehen, gefallen von 85 Cent im letzten Jahr, ein Preis, der unter den Produktionskosten (ca. 70 Cent / Liter) liegt.

Um gut und ohne große Sorgen zu arbeiten und ein Minimum an Würde und Lebensqualität zu haben, wäre ein Milchpreis von einem Euro plus Steuern fair. Gern auch mehr. Das ist auch wirklich nicht viel, denn ohne sie und ihre Arbeit würde das Produkt gar nicht existieren.

10% des Marktpreises aber für den, der den härtesten Teil der Arbeit macht, die für Sardinien kulturell wichtig ist, für ein Produkt höchster Qualität … natürlich ist das nicht gerecht!

Also findet sich die Lösung irgendwo zwischen dem Konsumenten und dem Schäfer – im Markt, im System. Hier fehlt der Geist des „fair trade“, auch in unserer sogenannten „ersten Welt“ … ein sozialeres und weniger kapitalistisches System wäre dem Ganzen durchaus zuträglich. Und auf einer relativ kleinen Insel wie Sardinien sogar wichtig, um die Kultur zu schützen.

Wenn ich das richtig verstanden habe, liegt das Problem auch darin, dass Sardinien der Hauptproduzent des Pecorino Romano ist, zusammen mit dem Lazio und Grosseto. Ein Käse, der auf dem internationalen Markt und über Großmärkte verkauft wird – zu einem niedrigeren Preis von durchschnittlich etwa 15 Euro.

Zwar ist auch er angeblich herkunftskontrolliert, aber scheinbar nicht wirklich. Billig produzierte Milch aus anderen europäischen Ländern wird hinzugekauft. Und plötzlich gibt es zu viel sardische Milch, die im Vergleich auch noch zu teuer ist. Aber das ist doch ein Fehler im System, und nicht der sardischen Schäfer.

Veränderung beginnt im Kopf

Und da wird das Ganze auch wieder zum Problem des Konsumenten, bzw. er ist Teil des Problems. Die Globalisierung und mit ihr der Gedanke, jedes Produkt zu jeder Zeit, überall zu einem guten Preis haben zu können, hat uns tatsächlich den Kopf verdreht.

Wie oft entscheidet der niedrige Preis, was wir kaufen, und wie oft die Qualität? Wie oft gucken wir nicht genau hin, was wir kaufen? Wie oft kaufen wir unbewusst einfach das, was da ist, ohne genau auf Herkunft und faire Produktionsweisen zu gucken? Wie oft kaufen wir bei Discountern und großen Supermärkten, wo offensichtlich nur der Niedrigpreis wichtig ist?

Vielleicht müssen auch wir Konsumenten noch mehr umdenken. Und denen, die den Markt kontrollieren, begreiflich machen, dass wir gute, solidarische Produkte wollen, für ein faires und ursprüngliches Leben.

Und dass beim Produzenten, in diesem Fall dem sardischen Schäfer, ein guter Teil des Preises ankommen muss.

Wir müssen unser Verhalten, unser „mindset“ ändern. Nützt ja nix. Lernen wir, Dinge von Wert zu kaufen, und nicht nur die globalisierten Produkte. Bezahlen wir immer den korrekten Preis – auch für andere Dinge. Das kann auch zwei Liter für Kuhmilch bedeuten, oder 50 Euro für das Osterlamm, dass sein Leben lässt, um auf unseren Tellern zu landen. Gut, das ist ein sardisches Beispiel.

In Deutschland wäre es endlich mal ein fairer Preis für Schwein oder Rind – das Kilogramm gutes Leben darf tatsächlich gern 20 oder 30 Euro kosten und wir dürfen auch einfordern, nur Fleisch aus artgerechter Tierhaltung haben zu wollen. Wieder ein anderer Diskurs, wenngleich wichtig. Solang wir Klamotten aus Bangladesh oder China kaufen, fast alle nicht-fair produziert, wird sich nichts ändern.

Eine Lösung wäre, bei kleinen Verkäufern und Produzenten zu kaufen, auf Wochenmärkten, in den kleinen Märkten.

Und ich fass mir gerne an die eigene Schafnase, wie oft ich in den Supermarkt gehe und einfach schnell einkaufe, ohne zu gucken – weil es so viel einfacher ist. Niemand ist perfekt, aber jeder kennt seinen wunden Punkt und kann an sich arbeiten.

Wertschätzung für das Leben, für die Arbeit der Hirten, für die kleinen Betriebe.

Natürlich ist nicht einfach, die Situation zu ändern. Aber es ist auch nicht unmöglch.

Natürlich ist das schwarze Schaf auf der Seite der sardischen Hirten. Certo che #stoconipastorisardi

Informationsquellen

2 Comments

  1. felix schramm

    15. Februar 2019 at 00:03

    Hallo
    egal wo auf der Insel wenn ich irgendwo länger als ein paar stunden mit dem womo stehe kommt ein Kleinwagen um mir peccorino zu verkaufen. die preise entsprechen dem Niveau am markt/Supermarkt.
    meine frage/zweifel: kommt das Geld da bei denen an, die die arbeit machen(hirten) oder bei irgendwelchen gerissenen Händlern?
    Schafsmilch ist nun mal keine direktes konsumpodukt sondern erst der daraus gewonnene käse.
    wer sich die Käserei ersparen will, ist nun einmal auf sein verhältniss zur Molkerei angewiesen.
    wie oben bereits ausgeführt ist der pecorinopreis mit ca 20€/Kilo durchaus am oberen rand im bezug auf käse.
    da kommt man bei einer „milchmädchenrechnung“ auf 4€ /Liter milch und das ist doch ein erheblicher schwund. da könnte man doch vermuten, dass die Molkereien ihre Lieferanten ausbeuten, da kann man dann auf sardische art rumjammern oder sich mit seinen Nachbarn zusammentun und eine kleine dörfliche genossenschafts-Molkerei auf machen.

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    • pecora nera

      15. Februar 2019 at 08:57

      Hallo, im Fall des Direktverkaufs dreht meistens ein Schäfer oder jemand aus der Familie seine Runden. Da kann man auch von einer Produktion im eigenen Betrieb ausgehen, und insofern wird auch das Geld dort ankommen. Das ist ein Teil der Lösung seitens der Konsumenten: Kauft bei kleinen Betrieben, in Hofläden, im Direktverkauf. Nun kann aber nicht jeder Schäfer seinen Pecorino selbst produzieren, und auch kleine Genossenschaften (die es schon gibt), hängen am nationalen / internationalen Markt (wenn man denn nicht nur im eigenen Dorf verkaufen will). Somit steckt das Problem in erster Linie bei den Käsereien / Kooperativen, die – um günstig produzieren zu können – unter anderem bei der Auszahlung an den Schäfer sparen. Weil die sardische Schafsmilch mit anderer (günstigerer) Milch vermischt wird, um den Pecorino Romano herzustellen. Natürlich garantiert das dem Schäfer auch eine gewisse Abnahme. Aber wenn der Preis nicht mal die Kosten deckt, ist das durchaus als Ausbeutung und Ausnutzung der Marktmacht zu verstehen. Und dann ist das auch kein Jammern mehr, sondern existenzbedrohend für ganze Familien und Regionen. Kurz: Es ist vollkommen richtig, einen fairen Anteil und Preis für gute Arbeit und hohe Qualität auf Quasi-Bio-Niveau zu verlangen. Wenn der nicht gezahlt wird, sucht man sich natürlich Alternativen. Das fängt nur leider nicht die gesamte Produktion auf. Die Milch dem Markt zu entziehen, ist aber ein schlaues und probates Mittel.

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